Mittwoch, 23. Februar 2011

Librisulcomodino. Prima che arrivi il ’68 – Raccolta di poesie di Nicola Russo



Nel “Simposio”, a Socrate, che chiede: “Ma allora chi sono i filosofi, se non sono nè i sapienti nè gli ignoranti?”, Diotima risponde: E' chiaro chi sono: anche un bambino può capirlo. Sono quelli che vivono a metà tra sapienza ed ignoranza”.
Certezze e incertezze, come già nella matura filosofia greca, si inseguono nel tentativo di catturare verità sempre sfuggenti; ecco in cosa intravedo il filo principale che collega le poesie giovanili di Nicola Russo, da me lette ultimamente. Probabilmente oggi, con l’età, nella vita quotidiana, gli interrogativi esistenziali sono diminuiti o addomesticati, ma in quelle poesie ritrovo lo stesso amico che ho conosciuto negli anni dei disordini spirituali giovanili, quelli nei quali è difficile stabilire confini precisi fra il sogno e la realtà. La ricerca della realtà non è, non può essere, sempre lineare. La logica ci aiuta, ma poi puntualmente finisce per abbandonarci: è quello il momento in cui ci si aggrappa all’arte e, in alcuni casi, alla fede religiosa.

Con Nicola ho condiviso le prime esperienze culturali e politiche: è solo per questo che posso sperare di introdurmi nel suo spirito labirintico, lucido ma spigoloso, senza eccessivo timore di perdermi. Io sono un inguaribile ragionatore che, purtroppo, lascia un margine troppo ridotto a quanto si può solo percepire intuitivamente con immagini fuggevoli e profonde e a quanto di misterioso avvolge la nostra vita e scombina le pretese di dare spiegazione al tutto. Mi sfuggono i salti logici del più banale testo di una canzone ascoltata cento volte, quindi non sono proprio il più adatto a commentare poesie. Quelle di Nicola però, anche nei passi in cui ho la sensazione di smarrirmi, sento bene cosa vogliono esprimere.
Negli anni della composizione di questi versi non conoscevamo ancora bene le tinte forti della poesia di Lorca e Neruda. Eppure Nicola scriveva versi con la stessa nervatura, con improvvisi scatti in avanti, seguiti da sofferta riflessione. Nei primi piani troviamo quasi sempre persone, uomini e donne; sullo sfondo, una società enigmatica pur nella sua fissità; dietro le quinte, la storia, il percorso umano collettivo dentro il quale l’individuo, quasi impotente, sprofonda, agitandosi come un naufrago in un mare in tempesta.

Sono testimone della datazione di questi versi, anni ‘65-‘67  - da cui un titolo, che vuole rimarcare il loro carattere quasi profetico rispetto agli sconvolgimenti radicali del ’68 - perché, quando da Rossano ritornò a Crotone, sua città natale, l’autore, amico di amene conversazioni ma anche di crescita culturale e di impegno sociale, mi inviò due di queste poesie. Mi rimasero tanto impresse nella mente che, quando dopo oltre quaranta anni mi telefonò dalla Germania, dove dal ‘70 vive e lavora come insegnante e traduttore, fui io stesso a tirarle fuori dal cassetto dei ricordi e a parlargliene.
Una era quella dedicata al poeta Lorenzo Calogero: “Donne brune e coperte di nero, come vuole una regola vecchia quanto la pazzia dell’uomo”: il reale non sempre coincide col razionale. Quelle donne calabresi, descritte nei loro abituali vestimenti castigati, erano quasi un dipinto. E non è dunque un caso che la vena artistica di Nicola si sia poi riversata anche nella pittura, che possiamo oggi apprezzare sul suo blog http://www.russoscript2011.blogspot.com : come protagonisti i paesaggi, anche umani, della sua terra d’origine, con la presenza costante, quasi una firma, di alberi che rinviano al pensiero dell’eternità.
La seconda poesia è di appena otto versi ma, con una “visione” racchiude, quasi in un pugno, la sconcertante storia dell’uomo, intravedendone la liberazione dai mille vincoli sociali in un ritorno alle origini: “E vedrò i morti arrampicarsi sulle cime degli alberi e ridiventare scimmie. Parleranno il loro linguaggio scorretto. Chiameranno a raduno le altre bestie, ma invano”.

Ora, dopo tanti anni, ho avuto la possibilità di leggere anche le altre poesie. E ci ritrovo gli stessi colori e la stessa prorompente ansia - di rompere schemi mentali e argini espressivi - che caratterizzava le prime due allora inviatemi. Riprendo solo alcuni versi di alcune di esse.
“Si liberò della vita con un lungo sospiro./ Una stanza piena di libri e / con poche persone.  /Parenti che avevano finito di / fare la spesa. / Il morto fu portato al cimitero! / già si pensava a quel po' di roba da / spartire. / La zia volle il comò, la sorella il tavolo /  grande: erano troppi in famiglia. / Nessuno cercò i libri,/ non sapevano dove / metterli” (Morte di un saggio) . L’evento tragico della morte, saggiamente vissuto con distacco, viene riportato ai problemi concreti, denunciando il prevalere dei bisogni materiali su quelli spirituali.
 Storti ulivi nuotanti in un / ferruginoso mare di terra!.../  più vicino vi sento / nella notte profonda e / sciacquata dalla miseria del / giorno… Tremolio d'argento al riflesso/  lunare… / Amici ulivi, che parlate / al battito del vento, di idee / nuove, aiutatemi!” (Storti ulivi). Le naturali contorsioni degli ulivi, che imploranti tendono i rami verso il cielo, sembrano lo specchio di nature umane complesse e desiderose di pace interiore e di giustizia.

Note
Per la lettura degli scritti giovanili di Nicola Russo rinvio alla pagina web http://russoscripti.blogspot.com/2011_01_01_archive.html , in cui si trova anche un suggestivo e commovente racconto, “Adolfo”.
Molte poesie sono nate prive di titolo e così, giustamente, l’autore ha voluto lasciarle. Per identificarle basterà tuttavia il richiamo al primo verso, che, al pari del titolo, spesso ne indica una prima, approssimativa, chiave di lettura; l’ultima spettando, come sappiamo, a ciascun lettore, mediante il filtro del proprio vissuto.


Cataldo Marino

Dienstag, 15. Februar 2011

Articolo di Federico D'Angelo

  REPORTAGE ESQUILINO.
Ingresso n° 12. Un attimo ancora nel limbo tra il mercato d’ abbigliamento e quello alimentare per raccogliere le ultime idee su cosa comprare.
Entri ed il profumo, le voci, i rumori e l’esplosione dei banchi annullano le idee, trascinando l‘ avventore in un turbine di sensazioni che mettono in moto le gambe che  da sole iniziano a girovagare  senza inizialmente una meta ed un obiettivo.
Al mercato dell’ Esquilino è bello perdersi e farsi guidare non tanto dai numeri dei banchi o dalle “vie” che l’ attraversano,vedi via “der Carciofo”, ma dagli sguardi e dai gesti di chi vende.
Non è facile dare un ordine a tutti i banchi presenti ed è per questo che come un pittore con la sua tavolozza, il mercato si popola di centinaia di colori dai quali ognuno può attingere i propri.
Una lunga pennellata rossa incornicia tutto il perimetro del mercato.Sono i Macellai ed addetti ai salumi, che si susseguono incalzanti l ‘uno di fianco
all’ altro lungo tutti e quattro i lati .
La scelta di carne è molto varia visto la presenza di macellai italiani,pochi, rumeni, africani, argentini con il tipico Asado e brasiliani con la Picanha,. Ma varia è anche la scelta della lavorazione della carne stessa , infatti a quelle tradizionali si alternano macellerie che seguono il metodo islamico di trattare la carne, detto Halal. Questo primo giro perimetrale viene costantemente accompagnato oltre che dalle urla dei macellai stessi, anche dal rintoccare ritmico dei coltelli che con forza e precisione battono veloci sui taglieri come a scandire il passo da tenere lungo il percorso.
Di fronte a quelle pennellate di rosso, dove la carne viene tagliata, disossata e sminuzzata ad occhi chiusi,
sono disposti i banchi delle spezie, il vero profumo del mercato, colorate di tramonto, che dal rosso dei peperoncini passano al giallo intenso del curry, la paprika, semi di senape, il garam masala cumino e curcuma. Ed è principalmente davanti a questi banchi , chiudendo gli occhi e non curandosi per un attimo degli “aò” e “ah bbello che te serve” di africani e sudamericani, che il profumo ti porta a Marrakech oppure ad Istanbul. Delle piccole profumerie speziate, ottime per organizzare una cena etnica o semplicemente per trovare un compagno di spesa come una manciata di pistacchi.
Se la cornice di questo quadro che sta prendendo forma è rosso sangue, lo sfondo è totalmente verde.  Infatti ,superato il primo “girone”,  ecco l’esplosione di colore con i banchi dedicati alla frutta e la verdure.
Lattuga, cavolo cinese, zucchine e vegetali di vario genere come nashi cinesi, tapashi e zucca del bangladesh. Prodotti particolari, accomunati  dal colore, ma non dalle forme: piccoli.grandi,tondi, a punta allungati. Cucinarle? la risposta dei negozianti è sempre la stessa  “ come le zucchine”. Beh almeno la difficoltà dei nomi è ben bilanciata dalla modalità di cottura.
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E’ con la frutta che lo sfondo verde si colora di centinaia di punte di colore e sfumature, sia frutti quotidiani mele,pere, banane agrumi, e tutti i colori e le forme della frutta che conosciamo, sia esotici come papaya,mango e cocco. Frutta che quasi straripa dai banchi e confonde la scelta anche di ogni singolo mandarino. Quale prendo?  Dove lo prendo ?.
A questo proposito la parentesi è necessaria per analizzare Chi sceglie e Dove all’interno del mercato Esquilino. I banchi sono per il 90% stranieri, o meglio ci lavorano stranieri, perchè la stragrande maggioranza è sotto un padrone italiano. I clienti sono variegati, ma gli italiani sono in minoranza. Soprattutto anziani , che hanno i loro banchi preferiti e da li non si muovono. Parlandone con  una signora infatti si evince che  il percorso è preciso, con tappe rapide e sempre le stesse “ io mi fido solo di chi conosco”   “ sa lei è giovane, ma io sono cinquant’anni che faccio la spesa” ha commentato la signora tra il controllo minuzioso di un guanciale intero ed una chiacchera con l’ amica sull’ appuntamento dal cardiologo.

Come a spezzare questo tripudio colorato, un lungo e spazioso sentiero taglia a metà il mercato.Una grande striscia bianca, luminosa  e gelida ,divide in due sezioni il mercato e come un grande specchio riflette le due parti così simili da specchiarsi l’ una nell’altra. I colori sono freddi e l’olfatto non lascia dubbi .Infatti  sui banchi ricoperti di  ghiaccio sono poggiate decine di argentee  varietà di pesce: da Tonni e Salmoni a spigole ed orate, dai frutti i mare più svariati a polpi e cappesante. L’aria è piu fredda , ma a scaldarla ci pensano le urla , i richiami e l’ esuberanza dei pescivendoli, che intenti ad  annaffiare i pesci, “lottano” per avere il pesce “più vivo” rispetto a quello del banco accanto. La competizione  è però complice  ironica e con battute continue. Ecco le battute sono da presumere visto che la lingua è incomprensibile, ma tra loro si fanno un sacco di risate.
Questo però non è un “quadro” statico, visto che al suo interno si muovono centinaia di persone, clienti, negozianti e curiosi che assaggiano, toccano, annusano trattano il prezzo ed  acquistano questi colori ,riponendoli in piccole buste bianche, pronti ad essere mischiati e gustati nelle proprie case.
La cornice rossa, lo sfondo verde e i mille colori a sporcare la tela divisa in due da una lunga pennellata argento. Il mercato sarebbe un quadro visto dall’alto, ma non è possibile visto che dal 2001 il mercato è al coperto.  Forse  è grazie a questo che tutti i colori, odori e parole rimbalzano sul soffitto e si sprigionano con ancora più forza sugli abitanti di questo piccolo mondo a parte , dove ognuno può immaginare il proprio quadro con i propri colori e le proprie sensazioni.
Federico D'Angelo